Vai al contenuto

Con Lucetta si vola a Triora, borgo delle streghe

Crescere è un’avventura. Ancor di più se si decide di farlo prendendo le distanze da una madre ingombrante. La cosa si complica se questa madre è addirittura una strega o meglio, una di quelle donne belle, libere e coraggiose che guarivano con le erbe e che la Santa Inquisizione mandava al rogo.

Ne sa qualcosa Lucetta, nata il 5 maggio del 1505 che in Non chiamarmi strega, scritto da una delle autrici per ragazzi più amate in Italia, Sabrina Colloredo (edito da Gallucci), ci racconta quell’impresa unica e senza tempo di diventare grandi.

Che il romanzo – consigliato dai 12 ai 99 anni non a caso –  sia ambientato ai tempi di Lutero, poco importa. Lucetta sente e parla il linguaggio di qualunque ragazza che reclama la propria indipendenza a costo di pagarla con qualche errore.

E’ questa una dei punti di forza di un libro che ti acchiappa dalla prima pagina per non mollarti più fino alla fine, lasciandoti stremato insieme alle protagoniste dopo le corse per fuggire agli Inquisitori attraverso boschi oscuri e intricati passando dall’Italia alla Germania fino poi a Triora, il borgo delle streghe tra gli Appennini liguri; ti ritrovi stordito dalle danze dei sabba, rinfrancato dai cataplasmi e soprattutto dalle parole di libertà che solo una donna forte e indipendente come la madre di Lucetta, Melusina, può avere il coraggio di pronunciare.

Se rinunci alle tue inclinazioni per paura o per ignoranza…anche questo è peccato – dirà a sua figlia – Non distogliere mai gli occhi da te stessa e continua a prenderti cura degli altri. Noi siamo parte di un Tutto e non siamo nulla se ci isoliamo dal Tutto. Il Tutto è l’Armonia del Cosmo.

E qua il cuore esplode perché con la lucidità tipica della studiosa di storia e la maestria della scrittrice, la Colloredo condensa ciò che ogni madre dovrebbe dire a un figlio soprattutto, aggiungo, nel momento storico che stiamo vivendo in cui l’unica chiave per farcela sarebbe rimanere in consonanza gli uni con gli altri e con ciò che ci circonda.  

Pur segnato dalla paura e dall’ansia, dalla brutalità della Santa Inquisizione che incombe su donne innocenti sempre in fuga da un mondo ingiusto, Non chiamarmi strega scorre luminoso e fluido, metafora di una condizione che porta tutti noi a sentirlo così vicino anche se così lontano.

E fa venir voglia di inerpicarsi lassù, tra gli speroni rocciosi di Triora, il borgo delle streghe, dove per la prima volta si sono combattute le convenzioni e le costrizioni, i ruoli standardizzati e la sottomissione, si è insegnata la libertà di esser se stessi, il rispetto per il diverso e per un breve periodo, troppo breve, preti e streghe sono stati capaci di convivere e bene.

Giulia, 14 anni – È un libro nuovo ed insolito, non ne avevo mai letto uno con una trama simile e devo dire che questo mi è veramente piaciuto. Ambientato in un’epoca lontana, tetra e allo stesso tempo interessante il libro non smette mai di stupirti ed è pieno di colpi di scena. Penso che mi sarebbe piaciuto se l’autrice avesse approfondito di più i vari “soggiorni” della protagonista nei vari luoghi, ma, d’altronde, non si può avere tutto. Insomma, un libro leggero ma allo stesso tempo coinvolgente che può strapparti un sorriso e anche una riflessione.

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *