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L’età della rovina

L’età della rovina è il romanzo d’esordio del pugliese Francesco Tronci.
Il romanzo conduce il lettore in un momento storico sovrabbondante di incertezze sociali.
La società descritta nel romanzo, nell’alternarsi al potere di due opposti schieramenti, si
polarizza intorno al nucleo di promesse fatte in campagna elettorale mai mantenute.
In questa società restano così esclusi, interi gruppi di esseri umani per non essere cittadini
rientranti negli standard sociali previsti.

La principale causa di esclusione è la povertà, cui la società guarda con disprezzo. Si legge tra le righe avanzare proprio in questa società, il fenomeno della aporofobia (il disgusto verso i poveri).

La povertà ricorda a tutti che le tanto acclamate riforme in realtà non risolvono alcun problema. In questa società, personaggio del romanzo, parla del suo stato interiore nella frustrazione della ricerca di una propria collocazione sociale a fronte della propria situazione sociale e familiare di partenza, che accompagnata a un senso critico fervore intellettuale, pongono il protagonista a descriverci la storia di questo tipo società dalla posizione di chi è in svantaggio.

«Mediocre la parola della politica, quando elencava le priorità della nazione, e mediocre la parola del giornalismo, quando simulava di ribaltarne l’ordine; mediocre la voce dell’incultura, quando urlava rabbiosa che era ora di finirla con una vita di promesse mancate, e mediocre pure quella della cultura, quando sussurrava afflitta che così non si poteva andare avanti, e si teneva la testa tra le mani.»

Il romanzo di Francesco Tronci descrive, in un determinato tempo sospeso nella storia, nel teatro sociale della vita l’ennesima replica della danza dell’alternanza al potere di apparenti opposti schieramenti, decisamente coesi nella mediocrità manifesta degli ideali che perseguono.

Il romanzo si addentra nel mondo del modo di comunicare e denunciandone le plateali mediocrità.

Nel libro di Tronci si osserva chiaramente come, nell’età della rovina, parole come Legalità, Responsabilità, Rinnovamento divengano slogan di propaganda sia del Partito del Progresso che del Partito della Sicurezza. La promessa della libertà dalla schiavitù economica, con il valore aggiunto del potersi affidare all’illusione della sicurezza.

Un circo mediatico da incantatori di serpenti. Nel libro di Tronci sono proprio gli esclusi con la loro rassegnazione perenne al fatto di non potersi pagare un affitto, di non avere un lavoro, a illuminare la realtà del rapporto dell’uomo con se stesso con il proprio desiderio di trovare una collocazione nel mondo, vissuto dal punto di vista di chi è nella condizione di svantaggio.

«Le mancanze le ho chiamate attese, le speranze le ho chiamate possibilità. Ho falsato la mia lingua, non è bastato. Tanto valeva rivelarmi subito: pensassero i figli futuri alla loro felicità, non c’è futuro per me che conti quanto un presente da vendicare. È la vendetta la mia unica strada per il futuro, non posso che desiderare di vendicare un presente tanto indecente.»

Questo libro evoca la storia del film di Pasolini La Rabbia. In questo racconto senza tempo e senza spazio si ha nella rabbia degli esclusi il triste eterno presagio che sia il tempo ad avere una lenta vittoria che vince vinti e vincitori. E’ certamente un libro da leggere.

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