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Il prete di Carlo Coccioli tra Cielo e terra

Solo ora ho scoperto che tu, Ardito, ami gli uomini in Dio, e non Dio in ogni singolo uomo. 

Questo è il tormento di Don Ardito, protagonista del romanzo Il cielo e la terra di Carlo Coccioli, che non trova la via per servire Dio, il cielo, su di una terra popolata e regolata da individui e leggi terrene, completamente slegate dalla Parola

Così la sua vita, e la narrazione, si divide in tre parti, tre tentativi di trovare una strada percorribile per arrivare al traguardo del servire Dio in terra. L’angoscia del prete è autentica sofferenza, umana, ed anche per questi cedimenti alla natura terrena di sé, lui si colpevolizza. 

Eppure dagli altri è amato, ed è per loro ispirazione e conforto, che per lui non hanno valore, perché anch’essi terreni. Don Ardito non smette di porre domande a se stesso, a Dio, che sembra sordo ad ogni richiesta, di confrontarsi con i compagni, pochi, ma figure bellissime e raccontate con precisione. Come Don Carlo, che gli dice:

Perché il bene non può essere dolore. Tienilo a mente! Può essere dolore per chi lo fa, ma per chi lo riceve il bene è gioia. Dio è con quelli che patiscono, ma non è il loro patimento. 

Nonostante il suo rifiuto, per principio, di adattarsi ad una via umana e terrena, la storia della sua vita ci racconta una crescita, che è insieme una rinuncia, a piccoli passi, a questo principio. Così si accorge di non poter agire dall’alto, di non poter essere la mano di Dio in terra, fra gli uomini, senza farne parte:

Se essi si muovono, qualcosa si muove in me. Forse lo stesso accade in loro, se io mi muovo. Siamo costruiti gli uni per gli altri, in un’irreparabile relazione.

Puntualissimo l’uso del termine irreparabile, che in una sola parola rende l’idea di quanto, per Don Ardito, questa relazione sia ormai assodata, ma rimanga comunque un errore, un guasto, una stortura rispetto all’ideale divino; questo è solo un piccolo esempio della pienezza della narrazione di Coccioli in questo romanzo riproposto da Lindau editore. 

Infine il nostro prete arriverà a quella che sembra essere la via più terrena e divina insieme, e nelle sue ultime ore dirà:

Molte, molte cose mi sfuggono. D’altra parte, non cerco di raggiungerle.” “Posso domandarle perché?” “Non so se ti sia facile renderti conto fino a qual punto è inutile comprendere. Comprendere nel senso di conoscere…” “E che cos’è, allora, utile?” “Ho scoperto ch’è utile amare. Ma mi ci è voluto tanto per giungere a questa scoperta.”

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