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Respiri e sospiri


Ancora si pubblica molta poesia, nonostante la “crisi” della poesia. Spesso per poesia si confondono
accumuli di parole il cui unico effetto è quello di stordire il lettore con immagini mote volte oscure,
ermetiche, se non vuote e prive di qualunque emozione autentica.

Non è di questa natura la poesia di Paola Cannas, nata a Viareggio, da padre sardo e madre toscana, e
vissuta, per amore, a Firenze. La sua poesia, raccolta in Respiri e sospiri (Guanda) è, per l’appunto, respiro e sospiro di un’anima dalla profonda umanità, è una ventata di brezza fresca, profuma di mare e ci culla con la musicalità di versi a volte istintivi e liberi, a volte tecnicamente curati, altre volte entrambe le cose.

Qual è il segreto? Forse è quello di uno sguardo lieve sulla bellezza del paesaggio toscano ripreso nelle sue caratteristiche più pure e cantato con la semplice immediatezza di suoni e silenzi, immaginato nello scorrere dei secoli e nel ripetersi immutato dello scalpitare dei cavalli, del rincorrersi dei bimbi, del canto del gallo. Ma il segreto è anche quello della pura immaginazione di luoghi mai visti, come la Sardegna, terra delle radici, non mai vista/ sempre amata: anche lì le generazioni scorrono in un fluire dolce, come dolcemente fluiscono i versi dell’autrice. O forse il mistero risiede semplicemente in un’anima serena, quella di Paola Cannas, illuminata dalla speranza, dal senso costante di rinascita: Sotto la dura scorza/…/trema la linfa/di rinata pianta; è una speranza alimentata da una fede pura, che pur nella precarietà della vita, dei Sogni nati al mattino/ a sera morti, dipinge con versi luminosi, e lievi sussurri di passi, il senso di una vita che è anche resistenza.

Le rappresentazioni della natura, nei suoi versi, incantano: con poche parole sono rievocati paesaggi
dominati dal verde, dall’azzurro, dal bianco; colori limpidi, puliti, luminosi anche quando il loro gioco vuole ricordare il buio e il gelo di una notte in cui, tra musica e risate, un amore si scioglie nel soffice/ biancore della neve. La semplicità con cui l’autrice rievoca le nebbie e le ombre della Pianura Padana, con il battito soave/ di un’ala d’angelo, leggera è poi la stessa con cui scatta delle vere e proprie istantanee di passanti, di una coppia di innamorati, dei Campi Elisi, di una ragazza nel metrò, scrutandone gli sguardi e indagandone i sentimenti.

È la stessa poesia intitolata Semplicità a fare quasi da manifesto a tutta la raccolta. Un fluire lento di
endecasillabi, assonanze e rime che riassumono nell’immagine di un focolare vivo e caldo tutte le cose che servono a fare una vita. Allo stesso modo Crepuscolo d’estate tratteggia l’abbandono sereno al liquefarsi lento delle ore e agli eterni spazi, ad una natura declinata in tutti i suoi aspetti, dagli olivi, ai campi, al cielo, alla terra tiepida di sole. Non mancano nemmeno, nell’immaginario di Paola Cannas, quadri di una natura più aspra, desertica, metafora di solitudine e aridità; quadri carichi di mistero e fascino, tratteggiati attraverso la descrizione di una pietra, apparentemente banale oggetto, frutto di notti dense di stelle, del cocente sole e della secolare mano del vento.

Un gruppo consistente di poesie volge poi lo sguardo all’attualità, alla voce vibrante del futuro Nobel Bob Dylan, all’assassinio di Martin Luther King, rievocato nell’immagine forte di un altro agnello che giace nel suo sangue. Né mancano, sempre con toni pacati e mai al di sopra delle righe, versi di denuncia soprattutto verso la comune imperdonabile indifferenza per le lacrime del mondo, per la povertà, la fame; e nonostante la pacatezza, lo sdegno per le ingiustizie del mondo emerge con forza e convinzione.

Non sono molte le poesie di Paola Cannas, eppure colpisce la duttilità dei loro contenuti; tra esse trovano spazio, infine, anche diversi componimenti rivolti alla propria interiorità: ci si interroga sul senso dell’assenza e – di nuovo – della resistenza a questa assenza, come in Frammento. Stupisce, ma allo stesso tempo accresce il profondo senso di umanità dell’autrice, l’amarezza del sentirsi prigionieri di se stessi in Chi sono? accomunato al desiderio di fuga, anche nella propria infanzia, in Essere altrove.

Una voce complessa, quella di Paola Cannas: la voce di una donna che ha vissuto intensamente e
profondamente, assaporando gli attimi di una esistenza di slanci, di amore, di consapevolezza di sé e del mondo. È la voce di una madre (dolcissimi i versi ispirati dai figli, alcuni dei quali deliziosamente interpretati da una splendida Sandra Tedeschi) che ha saputo rimanere anche donna, fedele a se stessa e alle proprie aspirazioni, custode di una cultura e di una sensibilità umana che hanno reso la sua voce poesia pura. Ed è ascoltando voci come questa che si ripete il miracolo della poesia, per cui seppur lontane le anime di chi scrive e chi legge si fanno una.

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