Vai al contenuto

Il Friuli di Patui, terra ancora da raccontare

Al motto di Se riuscissimo a scoprire sempre il senso delle cose, resteremmo senza misteri, Paolo Patui già con Scusate la polvere (Bottega Errante Edizioni) ci aveva abituati a viaggiare a ritroso, alla scoperta di donne e uomini del passato, anche recente, in compagnia di romanzi d’autore, adolescenti relativamente disturbati e misteriosi incontri cimiteriali; il tutto condito di riflessioni profonde ma anche di sana ironia.

Nell’Alfabeto friulano delle rimozioni (Bottega Errante Edizioni) a fare da cornice non sono più i cimiteri bensì un immaginario catalogo, di quelli che si trovano ancora, forse, in qualche biblioteca – più per arredo che per consultazione – irrimediabilmente soppiantati da immateriali cataloghi digitali. Pare proprio di poter estrarre da uno di quei lunghi e stretti cassetti i singoli cartoncini in ordine alfabetico, come quelli riportati nel libro, in apertura ad ogni capitolo, minuziosamente compilati con una vecchia macchina da scrivere. Solo che ad ogni cartoncino non corrisponde un libro (quelli, se volete, li trovate come suggerimento di lettura in coda ad ogni personaggio) ma una vita, una vita vera e intensamente vissuta. 

Sono 45 ritratti di donne e uomini dal Livenza al Timavo, vissuti in secoli diversi, friulani d’origine o d’adozione, tutti legati a vario titolo a quella terra che, nel corso dei secoli recenti è stata, andando a ritroso, Italia, Impero, Repubblica di Venezia… meglio quindi delimitarla con due fiumi, affidandosi alla Natura in termini di confini.

Sportivi, imprenditori, operai, inventori, funamboli, architetti, ingegneri, medici, benefattori, agronomi, sacerdoti, poeti, scrittori, avvocati, politici, musicisti, insegnanti, pedagogisti, linguisti, artigiani, giornalisti, partigiani, eroi di guerra, psicoterapeuti, ufologi, veterinari… un’enorme varietà e un comune denominatore: la rimozione, ossia la dimenticanza.

Perché se è vero che nessuno è profeta in patria è anche vero che nella nostra, di “piccola patria”, relegata in un non mai ben definito Nord-Est, è molto facile dimenticare. Paolo Patui, con una rassegna vivace nello stile, ci presenta di volta in volta i protagonisti di una storia di cui possiamo andare fieri; riporta alla luce, attraverso dialoghi immaginari o dando voce a terzi o ai protagonisti stessi che si raccontano direttamente, vicende di donne e uomini che dalla povertà si sono riscattati, hanno viaggiato, lottato per esprimere se stessi, rendere migliori le loro vite così come le loro comunità (che si tratti del Friuli, dell’Italia o del mondo) mettendo a frutto per il bene di molti i propri  talenti nei più disparati campi.

E ci stupiremmo non poco nello scoprire quanto hanno viaggiato i friulani e non solo per motivi di sopravvivenza, quanta voglia avessero di andare oltre, di conoscere, di imparare, di spingersi ai confini (loro che di confini ben chiari non ne hanno mai avuti), di uscire dagli schemi, di non accontentarsi di una esistenza ordinaria.

Potevo morire sperduta nei boschi di Castelnuovo. Invece me ne vado sperduta fra le ceneri della Risiera di San Sabba: così si conclude la struggente vicenda della partigiana Virginia Tonelli “Luisa”, che preferisce il dolore al vuoto; una delle sette donne raccontate da Patui e miracolosamente passate al setaccio della Storia. Ma oltre a queste sette protagoniste molte altre sono le donne che emergono tra le righe delle molteplici “rimozioni”, come narratrici o interlocutrici, ad evidenziare come la loro presenza sia sempre e comunque una cifra costante in ogni vicenda umana.

Un viaggio nella nostra memoria storica, dunque, uno stimolo potente a cercare, a scavare nel nostro passato, a ricordare tutto quello che siamo stati nonostante la rimozione; perché tutti noi, volenti o nolenti, un solco lo tracciamo nella nostra vita, nelle persone che incontriamo, nelle terre che attraversiamo.

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *