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IL TORNELLO DEI DILEGGI

Come in certi quadri di realismo cinico, che possono dapprima respingere, ma a guardar bene (in questo caso a leggere bene), è possibile riconoscere icastici elementi della realtà, sia fisica dove l’uomo vive, sia riferita alla fisiognomica umana, ma anche alle assuefazioni al turpiloquio, al meta linguaggio, ai vizi, ai permanenti pregiudizi, di una porzione di personaggi facilmente assimilabile all’umanità nel suo complesso, questo romanzo, per quanto insistito e deformato da una visione apparentemente distorta alla fine deriva, sempre a leggere bene, in una qualche realtà concepita dagli stessi elementi di una figurazione classica o anche di una commedia plautina.

il libro di Massimo Salvatore Fazio, Il tornello dei dileggi, Arkadia 2021, per il contenuto di ipnotico nichilismo nella rappresentazione di un folto gruppo di personaggi (comunque un campione assimilabile), inizialmente può allarmare il lettore e la lettura, ma con il passare delle pagine si è attirati da una mimesi che per quanto alterata e ritenuta estranea alla fine, guardando bene, come in un dipinto, conduce nel labirinto delle nefande contraddizioni umane che per quanto perseverate
nelle pagine convincono dello specchiarsi di una realtà, che ci appartiene, pur affaticati ad immaginarla positiva ma che ogni giorno si rileva nella sua negazione.

In questo coacervo di storie l’autore, eclettico intellettuale impegnato in filosofia, pittura, scrittura e in molte altre attività, concede al lettore, sui vari palcoscenici da Roma a Madrid, da Torino a Catania, la storia di un personaggio Paolo, apparentemente capocomico, contornato da una miriade di altri personaggi tutti sbertucciati dai trabocchetti della vita, ma anche veri comunque nell’agonismo
quotidiano dei singoli episodi confluiti nella struttura del romanzo, nel quale insistono intermittenze impetuose, dialoghi apparentemente surreali e remoti rimorchiati dalla materialità di una lingua rarefatta nel cogliere le eccezioni dei comportamenti umani senza alcun sperimentalismo, né tentativo di stupire, dove l’impresario propone, come un burattinaio di pupi, bizzarre ipotesi di comunicazione e conflitti rapporti intersoggettivi a prima vista forzati ma che in realtà testimoniano
l’imbarbarimento di società cosiddette civili immiserite da un progresso che talvolta conduce al decadimento.

Romanzo incisivo, farcito di brutale e talvolta patetica ironia, disseminato di contesti esistenziali dei personaggi in un decalogo, a volte buffo, di singole dolorose istanze che si capovolgono incessantemente coinvolgendo il folto gruppo di attori di un ipotetico circolo culturale in cui ognuno può esprimere la propria opinione libero dai condizionamenti sociali, etici e di qualsiasi altra natura su qualsivoglia argomento sia vitale sia riferito semplicemente ad una partita di calcio: pretesto per un’immagine vera e tagliente della vita in cui talvolta è la realtà che imita la finzione: tante storie
come quelle illustrate negli affreschi di Buonamico Buffalmacco nel Camposanto di Pisa, che tanto stupirono i contemporanei, ritenendosi benevolmente diversi, così come questo libro sconcerta il lettore che si ritenga estraneo ai comportamenti narrati ma nei quali percepisce lo specchiarsi della propria sporca coscienza.

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