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C’è futuro nella scuola dell’ordinaria DAD


Collegarsi, scollegarsi. Maledire la rete che scompare all’improvviso quando la prof deve spiegare, benedire la rete che scompare all’improvviso mentre la prof deve interrogare. Pratiche di ordinaria DAD, quella che hanno vissuto o subito moltissimi studenti (e genitori) in Italia. Moltissimi ma non tutti. Perché c’è stato chi in quella costrizione ha trovato la via straordinaria del “diverso punto di vista” che invece che annichilire, ha prodotto spunti per rivedere la quotidianità e soprattutto ripensare esperienze portanti.

Ce lo racconta Alessandra Anichini, ricercatrice dell’Indire (Istituto nazionale di documentazione, innovazione ricerca educativa che opera in rapporto col ministero) e curatrice del volume Ripensare la scuola – Oltre il Covid (Edizioni Tarka con interventi di D.Barca, R.Bartolini, G. Benzi, S.Cornacchia, F.Lorenzoni) una carrellata di esperienze e riflessioni dopo un anno di pandemia viste dalla scuola.

“Potremmo parlare di resilienza della scuola, dei docenti, degli studenti –  scrive Anichini –  Mi piace però ricorrere piuttosto a un’altra parola, forse più abusata e obsoleta, ma sicuramente centrale in questo nostro drammatico tempo: creatività. Di questo ha bisogno la scuola come la società tutta”.

Come l’indimenticabile Robin Williams dell’L’attimo fuggente, si ricorda a pagina 63, che sale sulla cattedra per ricordare a se stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse”, la DAD diventa grimaldello della creatività.

Può incidere allora sul tempo della scuola, sugli spazi, sulle  relazioni esterne e interne, sulle materie, sul curricolo, sugli strumenti, sul rapporto tra scuola e territorio. Così si racconta della scelta di  mettere in atto le infinite potenzialità offerte dal digitale come strumento di documentazione; di usarlo per le attività che si possono svolgere a distanza e di realizzare in presenza gli apprendimenti che la richiedono; di dilatare i tempi optando per il protagonismo degli studenti perché attivare l’individualizzazione non significa individualismo o separazione dal gruppo di classe. Si pensa alla possibilità di uscire dal circuito passivo lezione-compiti-verifica e di valorizzare i talenti.

La riprova della validità di certe soluzioni l’hanno offerta quelle scuole che, già con un piede nell’innovazione, hanno colto l’occasione della chiusura per reinventarsi. Numerosi gli esempi virtuosi come alcune scuole di Barberino del Mugello, Scarperia, Cecina, Grosseto, Sesto Fiorentino, dove con l’appoggio del movimento Avanguardie educative dell’Indire si applica alle materie umanistiche le tecniche usate nei laboratori di scienze; o i percorsi intrapresi dei laboratori del tecnico Peano di Firenze o del comprensivo di Bagno a Ripoli.

“Vorremmo far emergere la voglia di guardare la scuola con gli occhi di chi ha temuto per un momento di perderla nelle sue forme costituite – scrive Anichini – che sono sì da rivedere, da correggere ma che contengono anche ingredienti da difendere, da recuperare attraverso un’analisi lucida”.

E lo conferma una delle frasi più belle del libro, che è del grande Franco Lorenzoni, noto a tutti come il maestro di Giove, per quarant’anni insegnante elementare ma anche scrittore, giornalista e fine pedagogo che in questa fase di DAD ha paragonato la scuola a una storia d’amore finita male “in cui l’assenza ha fatto sentire l’intensità della presenza perduta”.

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